Lui si chiama Lee Duck-hee, ha 18 anni, è sudcoreano e di professione fa il tennista.
Segni particolari? È sordo fin dalla nascita, ma non ha mai lasciato che questo diventasse un ostacolo alla sua carriera.
Merito della sua perseveranza e del sostegno dei genitori, che fin da piccolo lo hanno cresciuto a stretto contatto con bambini normodotati incoraggiandolo sempre verso l’indipendenza e l’emancipazione.
Una sfida non facile, quella affrontata dal giovane Lee, soprattutto perché il deficit uditivo è un ostacolo non da poco in un sport come il tennis: non puoi sentire
i giudici di linea, il tuo avversario né il suono della pallina.
Il rumore della pallina, in particolare, è un riferimento importante per riuscire a colpire al punto e al momento giusto: non a caso per i tennisti la sordità è considerata un handicap molto pesante, tanto che per questi giocatori solitamente esistono dei tornei dedicati.
Ma Lee non vive la sua sordità come un problema e dove non arriva con l’udito compensa con la vista e l’istinto, intuendo le azioni del suo avversario in base ai suoi movimenti.
La sua storia lo ha reso molto famoso in Corea del Sud tanto che la Hyundai, quando Lee aveva 13 anni, decise di offrirgli uno sponsor che di recente è stato rinnovato fino al 2020.
Oggi è considerato un vero uomo dei record. Nel 2013 è entrato per la prima volta nella classifica ATP, mentre l’anno dopo ha vinto il suo primo titolo future a Hong Kong, ad appena 16 anni. È stato il 6° più giovane di sempre a vincere un torneo professionistico. Nel 2015 ha giocato anche in Italia e presto potrebbe partecipare a un torneo del Grande Slam.
Soltanto un anno fa era al 250° posto del ranking e in 12 mesi ha scalato più di 100 posizioni. Oggi è uno dei giovani tennisti asiatici più forti in circolazione e partecipa regolarmente ai Futures, i tornei che servono ai giovani tennisti per scalare posizioni nel ranking.
Certo, oggi qualche ostacolo rimane: “La cosa più difficile è la comunicazione con gli arbitri e i giudici di linea, il non poter sentire le loro indicazioni. Soprattutto quando chiamano la palla out e io invece continuo a giocare. È un po’ difficile, ma niente di clamoroso o impossibile.”.
E infatti Lee è riuscito però a trasformare il suo deficit in un vantaggio, tanto da mantenere un’ottima concentrazione sul gioco: non viene mai disturbato dal rumore del pubblico né da eventuali suoni che potrebbero distogliere la sua attenzione.
Niente male, no?